Femme fatale. Brillante, appariscente, dalla bellezza mozzafiato. Profonda sensibilità e rigore professionale. Kristine Opolais, soprano lèttone quarantaduenne, è oggi tra le voci più contese e ricercate della scena operistica internazionale. Sul palco conquista, travolge e ammalia oltre che per energia e doti vocali per presenza scenica e intensità interpretativa. Canto e recitazione, un connubio di forme d’arte che la Opolais con dedizione, carisma e determinazione è riuscita felicemente a sintetizzare.

Specializzata nel repertorio pucciniano questo mese di maggio sarà Cio-Cio-San nella Madama Butterfly alla Semperoper Dresden e, a seguire, dal 13 al 15, al Teatro San Carlo di Napoli, nel medesimo ruolo, in 7 Deaths of Maria Callas per la regia di Marina Abramović. Amadeus la incontra per tracciarne un ritratto d’artista.

Come è avvenuto l’incontro con la musica classica e con l’opera e quando ha deciso di diventare una cantante lirica?

Era il desiderio di mia madre. Il mio era, invece, diventare un’attrice. A 16 anni volle che prendessi lezioni di canto lirico. Ma non mi divertivo. Mi piaceva la musica pop e rock, quindi smisi dopo sei mesi. Ma a 19 anni mia
madre ebbe problemi di salute, così le promisi che avrei fatto ciò che voleva pur di farla felice: sarei diventata una grande cantante d’opera.

Poi, grazie al mio maestro sentii una registrazione di Maria Callas. Rimasi tanto colpita da chiedere all’Accademia di musica un suo video: mi regalarono la sua Tosca al Covent Garden. Fu allora che capii che potevo essere anche un’attrice. Così decisi di diventare una cantante quando ero nel coro in Lettonia: dopo soli due anni feci un provino e cantai Musetta e Tatjana in Eugene Onegin. Ero molto concentrata sul mio sogno. Ero sicura e non avevo dubbi che avrei ottenuto ciò che volevo.

Leggere più: Amadeus Magazine